BariToday

Università: opportunità o trappola sociale?

Spett.le Bari Today, sono un giovane laureato in materie giuridiche che, dal basso dei ranghi sociali, vuole far sentire la propria voce e mettere in luce una realtà troppe volte sottaciuta. Mi sono laureato in giurisprudenza nel 2021 con il massimo dei voti e nei tempi minimi previsti dall’ordinamento accademico. Ho immediatamente intrapreso un percorso di specializzazione di durata biennale ed il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari. Negli anni universitari e post-universitari sono stato uno studente fuori sede presso la città di Bari (nella quale ancora risiedo), capace di mantenermi per mezzo delle borse di studio messe a disposizione dagli enti preposti. La triste realtà con la quale si confronta chi, come me, sceglie questo percorso non avendo mezzi propri, ma confidando sulla volontà ed il talento, tende a piombare addosso in maniera catastrofica. Nonostante la “gavetta” post-universitaria risultano precluse – nella pratica – tutte le strade che possono eventualmente essere intraprese. La pratica forense – nella maggior parte dei casi – viene ritenuta una prestazione di servizio non retribuita o, comunque, non retribuita in maniera idonea a garantire la sopravvivenza di una persona. Ciò è vero anche per chi, come me, la gavetta l’ha già fatta per due anni della propria vita. Le imprese private molte volte non garantiscono nemmeno la possibilità di confrontarsi in un colloquio di lavoro e, quando lo fanno, tendono a scartare chi ha una formazione eminentemente giuridica; ciò è vero soprattutto nelle regioni meridionali del nostro Paese. I concorsi pubblici, per loro natura circondati da un’alea di incertezza, presentano tempi biblici di svolgimento e non garantiscono un introito in tempi utili ad assicurare la propria sopravvivenza. Nel caso in cui ci si voglia rivolgere a posizioni lavorative “meno qualificate”, i datori di lavoro tendono ad escludere le candidature di persone laureate, vivendo con il timore di una facile fuga da quella posizione lavorativa. Tutto ciò premesso, mi chiedo se abbia ancora senso invogliare i giovani a perseguire percorsi universitari; mi chiedo se abbia ancora senso guardare alla bassa percentuale di laureati propria del nostro paese come ad una nota di demerito o, invece, se sia necessario iniziare a concepire la stessa come la salvezza per un giovane che vuole evitare di restare invischiato in questa trappola. S. S.