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'La confessione', in scena all' Auditorium Diocesano La Vallisa

'Siamo in una stanza, forse in un sottosuolo, in una sagrestia, in un deposito. Viviamo in diretta l’interruzione di un sogno agitato. Il nostro protagonista è in preda a convulsioni. E’ scoperto fisicamente. Lo è anche nell’anima. Si sente osservato, scrutato dagli spettatori. Dovrà per forza o per ludibrio degli stessi narrare e rivivere il suo dramma? Si. E’ così. E’ un prete. Subito ci catapulta nella sua infanzia, nelle sue scelte, nei suoi incontri. A volte ci ritroviamo in una sauna altre in una chiesa. In quel sottosuolo o sagrestia in mezzo a dipinti enormi di santi ed immagini sacre che lo sovrastano il nostro prete è un fiume in piena. Ma è il silenzio che spesso fa capolino sulla scena. L’inadeguatezza. Un calvario attraverso le scomuniche della gerarchia ecclesiastica e la comprensione della condizione dell’uomo e dei suoi desideri carnali . Lo spettacolo porta in scena il dissidio interiore di un uomo che vuole essere sacerdote e - al contempo - è conscio della propria condizione omosessuale. "Un uomo disarmato perché vorrebbe 'tenere insieme' tutte e due le sue parti, quasi un dramma dal sapore shakespeariano. L’urgenza di portare un corpo in scena per vedere le sue piaghe. Per condividerne la contraddizione .
Ho cercato lo scrittore e giornalista Marco Politi per anni, volevo comprendere quello che lo scrittore Vincenzo Cerami aveva già scritto sul conto del sacerdote nella prefazione al libro di Politi ('E’ il viaggio di un’anima alta, messa a dura prova da un destino difficile. Chi parla è una persona speciale, vera e vivente. La sua voce è di un uomo disarmante e sincero fin quasi alla spudoratezza, ma ferma nel suo desiderio di assoluzione e di vita' V. Cerami).
C’è amore, c’è odio, c’è insicurezza, c’è distruzione, c’è salvezza, c’è conforto, c’è silenzio. C’è tutto il mondo nell’anima del nostro sconosciuto e se ci fosse una via d’uscita non ci sarebbe la vita, non ci sarebbe il teatro'.


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