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Mostra personale di pittura

Mario Pierri narra, in un lungo discorso fatto di linee, tutta una sua vita interiore che parte frammentaria ma è sommamente logica e piena di misteri. Si può dire che in ogni suo quadro ogni singola linea può essere presa a parte, a prescindere dall'insieme, per proseguire all'infinito in un lungo discorso culturale pittorico…". Sono parole di Alda Merini, tra le tante da lei scritte, negli anni felici di Taranto, per Mario Pierri, divenuto, nel 1984, con nove tra fratelli e sorelle, suo figliastro dopo il matrimonio con Michele.

Il riferimento, istintivo, della grande poetessa vuole esprimere, a leggerlo quasi trent'anni dopo, la sua emozione nei confronti di una pittura che non è pedissequa riproduzione della realtà e che non si racchiude e limita nella capacità di imitare la natura e neppure di rappresentarla, ma piuttosto di interpretarla. Dopo quell'annotazione di Alda Merini, poche sono state le occasioni di vedere in pubblico la produzione di Mario Pierri, impegnato professionalmente sul fronte giudiziario, che pure c'è stata, è continuata e continua fino a oggi, in un percorso evolutivo che non si è mai frenato.
Mario Pierri presenta ora la sua recentissima produzione, in un significativo raffronto antologico che si limita a non più di un ventennio addietro, ma che pure segna il progressivo maturare di nuove scelte segniche e cromatiche.

Partito, nei primi anni Sessanta, da una personale interpretazioni delle suggestioni contenute nelle correnti figurative presenti ancora a cavallo della Guerra, da Valori plastici a Nuova figurazione, con più spiccato riferimento alla scuola romana: Raphael, Mafai, Fazzini, Cagli, conosce un periodo espressionista caratterizzato da un tratto più marcato e stiliforme della figura, che giunge anche ai limiti del grottesco, rimandando a Ensor. Finché la sua figurazione non sconfina nell'astratto, in uno degli esperimenti più interessanti, che avviene con l'introduzione della destrutturazione cromatica all'interno di un processo che resta legato alla realtà.

Negli ultimi anni, Pierri recupera il proprio portato figurale, scegliendo di affiancare una trasposizione onirica della propria identità mediterranea e valoriale a una impronta cromatica marcata e critica, che sembra recuperare il tratto di Francesco Mencio, uno dei "Sei di Torino", ma da cui si distacca per attribuire al colore una dimensione provocatoria: come nel ciclo dedicato al fiume Galeso, mito storico e letterario della sua Taranto in declino, e più ancora nella reinterpretazione degli stereotipi oleografici della città vecchia, le cui forti tinte marcano più un tramonto sociale che temporale. Questo vale anche per la natura morta, che parte dalla realtà scontata per prescinderla e consegnarle una funzione metastorica.

presentazione della mostra del critico d'arte Silvano Trevisani


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