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Il figlio di Saul



"Laszlo Nemes è un regista esordiente, ma di ottima scuola, evidentemente toccato dalla mano benigna del dio del cinema. Sua è l’idea di un racconto embedded, attraverso un prigioniero partecipe e fautore diretto di azioni ed eventi, che è l’origine ed anche l’orizzonte, la causa ed il fine ultimo di ogni inquadratura. Saul Auslander si chiama, che significa straniero in tedesco; io tradurrei meglio come alieno in questo caso, perché precipitato da un altrove ignoto in una realtà impossibile da guardare, una non realtà. Portare i prigionieri alle docce, spogliarli, depredarli, trascinare via i corpi, i pezzi, li chiamano, ramazzare e pulire alacremente come fosse un personaggio di Palahniuk, e ancora bruciare corpi, i grassi per primi, dicono, spargere ceneri, trafficare, tramare, ribellarsi per sopravvivere un giorno ancora. Così, giorno e notte, stordito eppure sempre vigile, in moto continuato, grottesco come Jason Statham in Crank. Solo Saul nello schermo, tutto il resto, tutti i resti sono fuori campo, o fuori fuoco, solo incidentalmente si mostrano nitidi e vengono a galla corpi, pezzi di corpo inerti, peli pubici, seni, mani, che poi tornano ad essere sommersi, indistinti, indistinguibili, nel gorgo che occulta ogni cosa. Resta fisso il cadavere di un bambino sconosciuto, soppresso, la cui sepoltura diventa per Saul estrema àncora di sanità mentale, o segno definitivo della sua follia. Tra il fumo e la fuliggine dei corpi bruciati, mentre in migliaia si affrettano e vanno al macello, Saul cambia prospettiva, si muove alla ricerca di un rabbino che possa celebrare le esequie agognate, come un criceto che corre sulla ruota mentre tutto attorno scompare, tra stupore, tremori, fragori. Il Figlio di Saul è un film sconvolgente, immenso, assoluto, merita le più ardite iperboli di giudizio. Una rappresentazione impossibile a raccontarsi perché indefinibile a guardarsi, che riesce a reprimere il deja vu di ogni approccio morale cristallizzato e consolatorio, per trasfigurarlo in una visione estrema, senza compromessi, verticale. Nemes va per la sua strada lastricata di piani sequenza, impone il suo stile virtuoso, con audacia o incoscienza da blasfemo permette alla forma di plasmare il residuo fisso del racconto. Quando il film finisce, e si riaccendono le luci, tutto è diverso, tutto è cambiato, anche la memoria. Questo è il cinema, per sempre."
(#DikotomikoCineblog)

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l figlio di Saul (2015), László Nemes
giovedì 05/04 Ore 20.30
trailer https://youtu.be/Hs3gUpew4Ds

Evento fb // Programma della rassegna https://bit.ly/2u2mV6e


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